Fra il 1214 e il 1216 a Bitonto Frate Egidio d’Assisi e altri compagni conoscono LUCA “scholasticus, et ecclesiasticus–litteratus”, sacerdote colto della Cattedrale. Da quell’incontro ha inizio la diffusione in Puglia del movimento francescano con Luca da Bitonto per protagonista. Nel 1217 il Serafico divise l’Italia in Provincie, fra le quali vi era la Puglia, e già nel 1220 Luca risulta provinciale nei Luoghi Santi, lì lasciato dal Poverello dopo l’incontro col sultano.
Agli esordi del sec. XIII il tessuto benedettino in Italia e nel Mezzogiorno aveva già forti smagliature. Alcune badie “sui juris”, favorite da privilegi degli ultimi Normanni e dei primi Svevi, non erano perfettamente allineate alla politica antimperiale del Papato. In questo contesto si fa largo il movimento francescano la cui fedeltà, pur nell’estrema povertà evangelica, alla Sede Apostolica, non trovò il gradimento di Federico II. Un cronista del tempo ebbe a scrivere: “Federico II, oltre che a cacciarli dai chiostri, alcuni bruciava, altri annegava, dopo averli fatti trascinare a coda di cavalli, altri esiliava”.
Morto Federico II, la lotta tra guelfi e ghibellini divenne accesa con il progressivo depapeuramento delle città e del contado bitontino. Con la definitiva vittoria di Benevento (26.2.1266) Carlo l° d’Angiò, accettando l’antico vassallaggio papale sul Mezzogiorno, instaurò una nuova politica facendo perno su potenti famiglie guelfe baronali e sugli Ordini Mendicanti (Domenicani e Francescani). Fra i personaggi che emergono con Carlo d’Angiò troviamo, oltre ai Rogadeo e ai Planelli, la potente famiglia Bove con Sergio l°, definito “pater patriae”, Secreto di Puglia, il grande ricostruttore della città dopo la parentesi sveva.
Con diploma del 29 marzo 1283 il Re affidò al fedele miles (soldato) l’incarico dell’erezione di un maestoso convento sull’antica rocca apula. Dopo la concessione del suolo nel sito dell’antico castrum (non inteso come castello bensì come camminamento di ronda per la sorveglianza delle mura esattamente al di sotto del giardino pensile, che già in epoca neolitica risulta essere un luogo molto sicuro dalle improvvise inondazioni del fiume Tiflis nella lama e luogo di avvistamento per l’arrivo di nemici o di ricerca di nuove zone), la parte più alta del centro antico, lì dove era l’acropoli, dove ancora nel Duecento c’erano antiche torri e case della nobile Castanea, generosa benefattrice del nuovo ordine religioso dei Conventuali che venne ad insediarsi in questa nostra città. Il vescovo Leucio fu certamente uno dei più convinti sostenitori della nuova comunità e l’acquisizione di una porzione di terreno dall’attiguo monastero femminile di Santa Lucia, i lavori procedevano con alacrità e pare che già nel 1286 la chiesa fosse agibile. Non lo era però il monastero, anche sul documento del 1291 ci dice che “la fabbrica della chiesa e delle officine annesse erano in corso di erezione”. Fu allora che il Capitolo della Cattedrale, con violenza, impedì la costruzione per i privilegi connessi con la quarta funeraria, sottraendo i corpi dei defunti durante la processione funebre che li portava all’interno della chiesa.
La primitiva struttura della chiesa con un’unica ampia navata (AULA A FIENILE COME TUTTE LE STRUTTURE DEI FRANCESCANI), abside e copertura a capriate, cominciò a subire modificazioni dal momento in cui prevalse la mentalità di dotare la chiesa di cappelle gentilizie e di luoghi deputati alle sepolture. Quindi nel XV secolo furono chiuse le finestre originarie e affrescate le pareti, nel XVI secolo furono coperti gli affreschi e realizzati gli altari laterali, imbarocchiti nei secoli successivi con la colorazione dei decori rinascimentali a imitazione dei marmi policromi, tipici del ‘700.
Dopo la battaglia del 25 maggio 1734 il grandioso complesso venne adibito ad Ospedale Militare, funzione questa ripresa durante il I Conflitto Mondiale (1915-18). Soppresso nel 1809 da Re Gioacchino Murat e destinato in un primo tempo a sede comunale, venne ripristinato il 1818 con il ritorno dei Borboni a Napoli (Con Murat tutti i beni ecclesiastici dovevano essere a disposizione della nazione. Al contrario durante il periodo Borbonico il re tendeva a imporre la propria supremazia sulla chiesa e i suoi beni, pertanto l’esistenza degli ordini religiosi era possibile).
Nel 1842 vennero compiute profonde opere di trasformazione alla chiesa (eliminazione capriate e costruzione cupole) e nel 1866 ci fu la definitiva soppressione. Tra il Primo ed il Secondo conflitto mondiale il convento fu Caserma del X Reggimento di Fanteria di stanza a Bitonto comandato, fra l’altro, dal colonnello bitontino Michele Lomaglio, il quale nel 1943 non si oppose ai tedeschi in ritirata per salvare la città da un sicuro massacro.
La chiesa di S. Francesco della Scarpa è una delle chiese più spettacolari che conserva Bitonto. La sua maestosa facciata in stile tardo romanico si erge su una scalinata che serve ancor più a dare la dimensione dell’ austerità e solennità dell’ edificio. Il bel portale (1. Arco a tutto sesto leggermente compresso; 2. Archivolto con foglie di acanto) presenta degli stipiti con cornici scanalate, decorate all’ estremità. Il doppio archivolto è ricamato con foglie e pigne; quello superiore poggia su lesene, l’altro su colonnine con deliziosi capitelli. Nella decorazione figura con una certa frequenza, stilizzata, l’immagine del bue, simbolo della famiglia Bove. In asse col portale, poggia su eleganti ed esili colonnine, animando la liscia facciata della chiesa, la stupenda trifora costituita da un grande arco ellittico a sesto acuto. Più in alto si nota una finestra cinquecentesca che sostituì il rosone di cui la chiesa doveva essere dotata.
Un grande cappellone cinquecentesco è costituito da un cubo sovrastato da un alto tiburio e cupola conica troncata, a nord abbiamo il campanile ripartito in tre piani con cupola piramidale a bulbo.
Databile al ‘600 è il bel campanile a tre ordini, con coronamento a cipollone. L’interno è costituito da un’aula rettangolare di notevoli dimensioni. Nel primo cappellone a sinistra, ormai restaurato come quasi tutto il complesso delle fabbriche, è un grande altare cinquecentesco con mensa di marmo mischio di Castel del Monte. Una bella tela di Gaspar Hovic fine del XVI secolo (Madonna e Sant’Andrea e San Bonaventura) racchiude uno stupendo affresco trecentesco di S. Francesco d’Assisi. Di fronte alla porta d’ingresso di detta cappella è visibile un altro affresco trecentesco, ma in stile bizantineggiante, di una Madonna con Bambino.