Il nostro centro storico è un autentico scrigno di opere d’arte, come testimoniano chiese e palazzi di grande pregio. Non meno interessanti, tuttavia, sono alcuni edifici fuori le mura, come le antiche cappelle, la cui storia si intreccia con tante vicende di respiro locale e oltre.
E’ il caso di San Vito, edificata nel 1664 come si legge nell’iscrizione sull’ingresso, per devozione di Francesco Onofrio Franco, della nobile famiglia che risiedeva nella casa palaziata in piazza Cattedrale. Passata in proprietà ai De Facendis, altra facoltosa famiglia di origine spagnola, si impone agli onori della cronaca nel 1741, allorché il 10 marzo 1741 giunsero a Bitonto, provenienti da Bari e dopo una sosta a Giovinazzo, i reali Carlo VII e Maria Amalia Valpurga, accompagnati dal numeroso seguito. Ricevuti con tutti gli onori dalle autorità civili e religiose, questi ascoltarono dalla terrazza della chiesetta e dalle finestre di un contiguo fabbricato il racconto del vescovo Giovanni Barba (1737-1749) sulla famosa “battaglia” vinta dall’ esercito spagnolo. A ricordo del solenne avvenimento, Nicola De Facendis fece murare sul portale dell’edificio una lapide con l’iscrizione: ”A Carlo dell’una e dell’altra Sicilia Re, pio e felice trionfatore sempre invitto, ed alla regina Maria Amalia Valpurga, di Lui coniuge lietissima”.
Ma la storia della chiesetta è legata anche a vicende di carattere sociale, come il brigantaggio che imperversava tra ‘700 e ‘800, fenomeno illustrato da Luigi Sylos in “Bitonto nella storia”. In essa, infatti, fu sepolto il famigerato Francesco Giacò alias Bagiacco, di “professione” brigante. Nato a Terlizzi il 22 agosto 1783, all’età di 26 anni, dopo aver dominato i territori di Bitonto, Terlizzi, Ruvo, Giovinazzo e Molfetta, fu catturato e dopo regolare processo, fucilato e decapitato, il 23 Settembre 1809. La testa fu mandata a Terlizzi, come monito per tutta la popolazione. Il corpo, invece, fu interrato presso la cappella di San Vito ( vicina al “campo” di San Leone dove Bagiacco fu giustiziato ) , divenuta pertinenza della Mensa Vescovile. La chiesetta passò successivamente nelle mani della famiglia Ventafridda. Oggi appartiene alla Parrocchia-Santuario SS.Medici.
Piccola chiesa a forma rettangolare con volta a botte posta nel campo di San Leo, sull’antica via Patierno, ora Felice Cavallotti. Fu edificata da Francesco Franco nel 1664, come attesta un’iscrizione posta sull’ingresso, probabilmente sulle rovine di un’altra chiesa più antica dedicata allo stesso santo. Un locus San Vito alla via Patierno è attestato in un documento del 1202. Un’altra iscrizione posta sulla parete a sinistra rivela che l’abate Felice Franco nel 1716 la fece restaurare e affrescare. Infatti la chiesa, leggermente sottoposta all’attuale livello stradale, ha rivelato con gli ultimi restauri alcuni dipinti nascosti sotto i ripetuti scialbi (leggero strato di intonaco).
Sulla parete di fondo gli affreschi rappresentano Santa Crescenzia e San Modesto. Due angeli sembrano aprire le porte del tabernacolo. Al centro è una delle tele di San Vito, dipinto tardo manieristico, attribuibile alla scuola dei De Corduba.
Sul pavimento vi è una pietra sepolcrale. La facciata presenta un piccolo portale a doppia architrave con iscrizione dedicatoria, un rosoncino a quattro razze, inscritto in un quadrato per illuminare l’interno e un campanile a vela. Tutta la chiesa è inglobata nelle fabbriche della famiglia Franco e poi De Facendis.
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